
Insalata in busta comodissime, ma sono sicure per la salute - puntoit.it
Il consumo di insalate in busta cresce in Italia, ma il divario di prezzo con il prodotto fresco si amplia: ecco cosa c’è dietro, tra sostenibilità, igiene e abitudini.
Il consumo di insalate in busta è in forte crescita in Italia, anche se i prezzi continuano a salire in modo evidente. I prodotti di IV gamma, come vengono chiamati tecnicamente, piacciono per la loro praticità: sono lavati, tagliati, confezionati e subito pronti all’uso. Un’indagine di AstraRicerche mostra come sempre più consumatori preferiscano questa opzione, soprattutto per motivi legati alla gestione del tempo, al risparmio idrico e alla riduzione dello spreco alimentare. Ma quanto paghiamo questa comodità? E il gioco vale davvero la candela? Dai dati di supermercati come Esselunga, Carrefour e Ipercoop, emergono cifre molto più alte rispetto ai prezzi del prodotto fresco sfuso. Eppure, le vendite aumentano.
La sicurezza microbiologica resta una sfida, ma il mercato si adatta
Le insalate confezionate rientrano nella categoria dei prodotti pronti al consumo, regolamentati a livello europeo. Non richiedono cottura o altri trattamenti e, per questo motivo, la loro qualità microbiologica è cruciale. Le foglie vengono raccolte, lavate, asciugate, poi confezionate in ambienti controllati. Ogni fase, dal campo alla tavola, è potenziale fonte di contaminazione batterica o fungina.
Secondo uno studio firmato da ricercatori italiani, tra cui il CNR e il CREA, eliminare del tutto questi rischi è statisticamente improbabile. Tuttavia, il settore ha migliorato sensibilmente i sistemi di prevenzione e controllo. Le tecniche fuori suolo come l’idroponica contribuiscono a ridurre alcuni pericoli, ma l’acqua, elemento cardine della coltivazione, resta un punto debole. Nei sistemi a ricircolo, basta poco per veicolare agenti contaminanti.

Il mantenimento della catena del freddo durante trasporto, stoccaggio e conservazione domestica è un altro punto critico. La temperatura media per garantire la freschezza deve restare intorno ai 4-5°C. In caso contrario, la carica batterica può aumentare anche nelle buste chiuse. Alcune buone pratiche, come usare una borsa frigo dopo l’acquisto e conservare il prodotto a 6-8°C a casa, possono fare la differenza.
I prezzi nei supermercati mostrano differenze enormi con il prodotto fresco
Tra maggio e luglio 2025, sono stati raccolti prezzi aggiornati in vari punti vendita di Milano. La lattuga romana fresca costa tra 1,78 e 3,02 €/kg. Anche l’iceberg resta sotto i 3,50 €/kg, mentre il radicchio rosso di Treviso arriva a circa 5 €/kg. Di fronte a questi dati, le insalate in busta appaiono come un vero lusso.
Al Carrefour, le confezioni da 100 grammi della linea “Belle e pronte” Bio toccano cifre tra i 17,90 e i 27,20 €/kg. Alla Esselunga, la gamma Naturama spazia da 6,60 €/kg a oltre 15 €/kg. Le linee biologiche salgono ulteriormente, con misticanza e insalatina bio sopra i 13 €/kg. All’Ipercoop, Bonduelle offre confezioni da 14,90 €/kg per prodotti a residuo zero, e altri brand come Ortobellina si attestano sugli 11,50 €/kg.
Dal confronto emerge un divario netto: quasi dieci volte tra la lattuga fresca e la sua versione pronta in busta. Nel 2023, il prezzo massimo per una busta bio era di circa 14 €/kg. Ora si sfiorano i 28 €/kg, più del doppio. Nonostante l’aumento, i dati raccolti da Unione Italiana Food su base NielsenIQ parlano chiaro: tra gennaio e maggio 2025 le vendite di verdure IV gamma hanno toccato i 440 milioni di euro, in crescita rispetto all’anno precedente.
Comodità e rapidità sembrano avere più peso della spesa economica, almeno per una larga parte degli italiani. A trainare l’acquisto è la convinzione, rilevata anche nel Behavior Change Report di YouGov, che il proprio consumo sia anche un gesto di civiltà e responsabilità sociale.